La medicina Ayurvedica


Un po’ di storia…
Dai 5 elementi ai Dosha
Anatomia: Gli involucri del prana, le nadi e gli srotas
La malattia
La diagnosi: Analisi del polso, interrogazione, determinazione del Dosha
La terapia
Determinazione della Prakriti e della Vikriti
Descrizione dei Dosha: Vata-Pitta e Kapha
Alimentazione Ayurvedica
Aromaterapia Secondo l’Ayurveda
Minerali e metalli in Ayurveda
Erbe Ayurvediche
Cromoterapia e pietre preziose
Massaggio Ayurvedico

UN PO’ DI STORIA…


Quando si parla delle origini dell’Ayurveda, storia e mito sono inseparabili. La leggenda narra che i principi eterni dell’Ayurveda vennero formulati da Brahma, il creatore, e trasmessi agli altri dei.
Molte migliaia di anni fa alcuni Rishi (saggi, veggenti), impietositi dalle sofferenze e dalle malattie degli uomini, si ritirarono sui monti dell’Himalaya in profonda meditazione e supplicarono gli dei affinché rivelassero loro quei principi eterni. Fu così che i Rishi appresero l’Ayurveda e la tradussero in linguaggio. Da allora alcuni esseri umani hanno avuto il compito di preservare e trasmettere questa saggezza.
Le prime testimonianze scritte dell’Ayurveda si trovano nel quarto libro dei Veda, gli antichi testi della sapienza e del sacrificio rituale che gli Ariani, popolazione nomade dell’Asia Centrale, portarono con sé quando si insediarono nella valle dell’Indo. La versione dei Veda che oggi conosciamo risale a circa al 2000 a.C., ma forse vi furono redazioni più antiche andate perdute. In seguito, circa nel 1000 a.C., vennero scritti due veri e propri manuali di questa scienza medica: il Charaka Samhita, che tratta di anatomia, fisiologia, eziologia, prevenzione e terapia, e il Sushruta Samhita, un testo di chirurgia.
Nel 326 a.C. Alessandro Magno invase l’India del Nord e ciò decretò probabilmente il primo incontro tra le due culture. Il condottiero restò affascinato dall’Ayurveda e volle portare con sé in patria alcuni medici.
Tra il III secolo a.C. e il X d.C. si colloca il periodo d’oro per l’Ayurveda, in India sorsero università frequentate da studiosi di tutto il mondo.
A porre fine a quest’epoca fiorente furono le invasioni di orde di musulmani, che rasero al suolo università e biblioteche. Chi riuscì fuggì in Nepal o in Tibet. Ma l’Ayurveda comunque sopravvisse.
Ci furono poi, nel XVII-XVIII secolo, gli anni del colonialismo europeo, inglese in particolare, in cui si arrivò ad accusare che lingua e letteratura sanscrite fossero false e che nelle aree governate dalla Compagnia delle Indie dovesse esserci solo la cultura europea.
All’inizio del ‘900 l’Ayurveda poté rinascere di nuovo grazie all’affermarsi del nazionalismo indiano e oggi è una delle sei scienze mediche praticate in India, insieme ad allopatia, omeopatia, naturopatia, unani e siddha.
top 

Dai 5 elementi ai Dosha


top

Anatomia: Gli involucri del prana, le nadi e gli srotas


La nostra medicina ha una concezione dell’anatomia di tipo materiale e strutturale, invece l’Ayurveda mostra un approccio funzionale ed informazionale, cioè studia come passano le informazioni da una parte all’altra del corpo e della mente. Non si nega ovviamente l’aspetto strutturale dell’organismo, ma c’è una visione più dinamica e concatenata del tutto, che coinvolge anche le componenti non fisiche.

Gli involucri

L’uomo è costituito da cinque involucri concentrici, che rappresentano diversi stati di coscienza: involucro del cibo, del Prana, della mente, della saggezza speciale, della beatitudine… ma ci interessano solo i primi tre 

  1. Involucro del Prana
    Il Prana, immediato o ritardato, confluisce all’ombelico da cui partono 72.000 NADI che portano Prana a tutto l’organismo. I Chakra rappresentano la porta tra il mondo fisico e la realtà impalpabile delle Nadi.
  2. Involucro del cibo
    E’ rappresentato dal campo d’azione dei dosha, cioè dalla loro localizzazione e dalle loro funzioni che si concentrano a livello dei tessuti. I tessuti, o DHATU, sono considerati i prodotti della digestione, quindi ogni tessuto è la materia di partenza per generare il successivo.
    Il nutrimento del corpo comincia con l’estrazione del primo “succo” dai cibi, convertito poi nell’organismo in RASA.
    RASA in sanscrito significa linfa, sangue, nettare, sapore, emozione… Nel corpo umano rappresenta il chilo, il prodotto ultimo della digestione, che, assorbito dai villi intestinali, va a nutrire il plasma sanguigno. Esso quindi porta nutrimento a tutti i distretti corporei.
    RAKTA è la parte corpuscolata del sangue.
    MAMSA sono i muscoli, che proteggono lo scheletro.
    MEDA è il tessuto adiposo, l’energia in eccesso che si deposita. Mantiene il calore corporeo, è una riserva, protegge e lubrifica tessuti e organi.
    ASTHI è il tessuto osseo, il sostegno del corpo.
    MAJJA è il midollo osseo rosso e giallo e il midollo spinale che riempiono le ossa; inoltre è il tessuto nervoso, che invia e riceve impulsi elettrici.
    SHUKRA è costituito dai fluidi sessuali maschili e femminili, nonché dalla cellula uovo. La sua qualità dipende dalla qualità di RASA e da esso dipende la qualità della specie. Oltre alla funzione riproduttiva, Shukra ha anche il compito di produrre OJAS.
    OJAS nasce dalla fusione di Shukra con l’Io, unione di corpo, mente e spirito. Questo incontro risveglia una notevole energia, che può fluire da un corpo all’altro nell’atto sessuale, può riversarsi in una creazione artistica o un progetto, o infine può restare all’interno del corpo consolidando il legame tra esistenza fisica, spirituale e mentale, e diventa Ojas. Ojas è la qualità in senso assoluto, il lustro, la sua presenza si vede dalla luminosità della pelle e dell’espressione; controlla il sistema immunitario e genera l’aura. Il Charaka definisce Ojas come “la luce che sta sulla soglia di casa: fa luce fuori e dentro”.
    Ciò che permette a rasa di portare nutrimento in tutto il corpo, che consente al prana di circolare e che mette in comunicazione fra loro i tessuti sono gli SROTAS. Con questo termine si indicano tutti i vasi, i canali, i condotti presenti nell’organismo: vasi sanguigni e linfatici, le nadi, le ramificazioni dell’albero respiratorio, gli ureteri, i vasi deferenti.

top

La malattia


Nella medicina occidentale la malattia è un aggressore da combattere.
Nelle medicine olistiche, come quella Ayurvedica, la malattia è una risposta che l’individuo mette in atto per riparare ad un danno, spesso provocato da un evento esistenziale, un conflitto che può produrre un blocco. L’Ayurveda considera la malattia un essere vivente, perché generata da un essere vivente, è parte di noi. 
I sintomi di una malattia sono l’espressione che l’organismo sta mettendo in atto dei sistemi per ripristinare un equilibrio che per qualche motivo è venuto meno. Per esempio, se ci diamo una martellata su un dito, il dolore che sentiamo a lungo non è dato dal colpo, il quale provoca un dolore immediato, ma che termina subito, bensì dal processo infiammatorio seguente. Il dolore è indice di riparazione.
La causa principale, diretta o indiretta, di tutte le malattie è l’attaccamento alle cose, il desiderio egoistico, che genera karma e che si esprime come squilibrio del calore (non solo corporeo), perché mentre la soddisfazione produce calma e freddezza nella coscienza, il desiderio genera il calore della passione. Il desiderio egoistico conduce alla malattia perché ci fa agire erroneamente, contro la nostra stessa natura. Il termine che in sanscrito esprime questo comportamento sbagliato è Prajnaparadha, che significa “mancanza di buon senso”. E’ un’energia non canalizzata nella giusta direzione e che può intrappolarsi in un archetipo funzionale, come un batterio, un virus, una funziona metabolica fisica o mentale, procurandoci una malattia.
Il primo segnale che a causa di Prajnaparadha qualcosa si è squilibrato è un’alterazione della digestione. La funzione digestiva è presieduta da AGNI, il nostro fuoco gastrico, quell’insieme di reazioni enzimatiche che coinvolgono tutti gli organi dell’apparato digerente. Quando AGNI è normale, l’appetito è buono, non c’è pesantezza, aerofagia, bruciore, sonnolenza, l’evacuazione è regolare.
L’assunzione eccessiva o insufficiente di cibo, un’alimentazione errata in relazione al clima, all’età del soggetto, disturbi del sonno, repressione degli stimoli naturali, stati mentali quali rabbia, ansia, angoscia, dolore ecc… provocano un indebolimento di AGNI e il cibo che ingeriamo non viene completamente digerito. L’organismo in parte assorbe a livello intestinale questo cibo non ben digerito, ma non riesce ad utilizzare le sostanze di cui è composto, le quali vanno ad ostruire gli SROTAS.
Nell’intestino inoltre il cibo che ristagna favorisce la proliferazione di batteri putrefattivi o fermentativi, che soppiantano la normale flora batterica. Il cibo non digerito, putrefatto o fermentato è detto AMA.
La presenza di AMA nell’organismo prima o poi sfocia in una reazione immunologia, in malattia. 
top

La diagnosi: Analisi del polso, interrogazione, determinazione del Dosha


La medicina moderna si affida per le diagnosi ad analisi chimiche e strumentali e stabilisce dei range di valori uguali per tutti, entro i quali un soggetto è “nella norma”.
La diagnosi Ayurvedica invece è assolutamente soggettiva, ogni malato è a sé e, alla fredda interpretazione di dati numerici, si sostituisce un’attenta osservazione del paziente.
La qualità di RASA, per esempio, si vede dalla pelle, che denota salute quando è liscia, morbida, luminosa e coperta di peli sottili. L’aspetto degli occhi, come la luminosità dello sguardo e il colore bianco latte della sclera, sono indice di un midollo osseo sano. Il colore della lingua informa sullo stato di AGNI e sulla eventuale presenza di AMA.
Una patina bianca indica un eccesso di kapha e presenza di ama; se la patina tende al giallo, è un eccesso di pitta; se la lingua è priva di patina agni è normale. I medici ayurvedici esperti, ispezionando la lingua, sanno localizzare lo squilibrio, perché questo organo, così come l’iride e le piante dei piedi, è una mappa degli organi interni.
Anche il colore dell’urina è importante: se è molto chiara, o azzurrastra indica un eccesso di pitta; un’urina bianca e schiumosa denota un eccesso di kapha; se emana odore di cibo è sintomo della presenza di ama nel digerente.

Analisi del polso

La misurazione del polso è l’esame del flusso di prana nel corpo. Ogni polso presenta un proprio passo a seconda della combinazione dei dosha del soggetto. Il polso VATA ha il passo del serpente, è veloce, vuoto, freddo, come una pallina di gomma che rimbalza. Il polso PITTA è il salto della ranocchia, caldo, forte, pieno, “pungente” al tatto. Il polso KAPHA “nuota” come un cigno, è lento, pieno, regolare. Ricorda i cerchi concentrici che si formano lanciando un sasso nell’acqua. Essendo debole, spesso non si avverte.
Naturalmente il polso risente del ciclo giornaliero dei dosha, perciò, all’ora di pranzo e a mezzanotte il passo pitta sarà più forte anche nei soggetti vata e kapha; all’alba e al tramonto tutti sentiremo il passo vata più che negli orari.
Il polso andrebbe misurato la mattina presto a digiuno, per avere una valutazione più vicina alla nostra costituzione. Negli uomini si tasta il polso destro, nelle donne il sinistro. Si appoggia senza schiacciare la punta del dito indice della mano opposta al polso da misurare subito sotto la piega del polso, sull’arteria radiale con il medio e l’anulare vicini. L’indice misura vata, il medio pitta, l’anulare kapha. 

Interrogazione

Si completa la diagnosi domandando al paziente le sue malattie pregresse, lo stato di salute attuale e la tipologia dei suoi sintomi. Per esempio, un raffreddore può derivare da un eccesso di kapha che genera più muco di quanto i vasi possano contenere, o da un eccesso di pitta, che infiamma le mucose, o vata che soffoca i vasi, perciò, anche una normale produzione di muco diventa difficile da eliminare.

Determinazione del Dosha 

Viene proposto un test contenente una serie di domande che indagano sui tratti somatici, sulla qualità delle funzioni biologiche e sull’attività fisica e mentale del paziente. Le risposte sono classificate in Vata, Pitta o Kapha, a seconda della tipologia con cui si identificano. 
top

La terapia


Il Charaka Samhita afferma che “l’essenza della terapia è la rimozione della causa” e poiché si è visto che all’origine la causa è prajnaparadha, l’errore dell’intelletto che ci porta al desiderio egoistico, la terapia ultima consiste “nell’eliminare la seduzione del desiderio”, è una terapia spirituale. I medici ayurvedici, o vedya, pur facendo tesoro di questi principi filosofici, si resero conto che le persone non sempre sono consapevoli di quali siano le radici dei loro problemi, perciò una terapia spirituale non è sufficiente, bisogna curare prima il corpo per arrivare alla mente.

“L’arte della medicina consiste nel distrarre il paziente mentre la Natura cura la malattia”
Voltaire
Voltaire trae questo pensiero da Ippocrate, ma coincide col pensiero Ayurvedico, secondo cui il medico sa quando intervenire e quando non farlo, per permettere alle leggi di Natura di fare il proprio corso. Il suo intervento comunque deve assecondare i processi naturali, in modo da curare senza creare una nuova malattia. La medicina moderna invece non considera l’intelligenza della Natura e ritiene che sia il medico a dover determinare la guarigione con ogni mezzo. E dato le leggi naturali non vanno sempre nella direzione voluta, si ricorre ad interventi violenti ed aggressivi, come radio e chemioterapie e l’asportazione chirurgica di parti del corpo, per esempio.

“L’ambrosia può essere veleno e il veleno può essere ambrosia”
Charaka

Per l’Ayurveda tutto in natura ha proprietà terapeutiche, non esistono sostanze nocive o curative in assoluto, proprio perché ogni individuo è una caso a sé.
Ciò che è sicuramente valido per tutti è la depurazione come forma di prevenzione. Noi abbiamo perso questa abitudine perché i farmaci intervengono su qualsiasi malattia, anche nelle fasi acute. Perciò accumuliamo tossine per anni, corpo e mente si abituano, ma quando insorge una malattia, spesso manifesta subito aspetti cronici.

Trattamento generale dei Dosha

L’Ayurveda predilige le cure lente e graduali, per proteggere l’identità del paziente e quindi il suo sistema immunitario.
A meno che non ci sia un organo o una ghiandola gravemente debilitati, si tratta di cure che considerano l’individuo nel suo insieme e non come somma di parti.
Si opera un trattamento generale del/dei dosha interessati, così non solo si cura la parte in cui il disturbo è localizzato, in genere il punto debole del soggetto, ma si lavora sull’energia implicata, sulla funzione che essa rappresenta.
Le terapie Ayurvediche si basano sulla legge della similitudine e della differenza, che è il principio che governa l’interazione tra l’ambiente e l’organismo. Essa afferma: “il simile accresce il simile, il dissimile diminuisce i dissimile” Tutto ciò che entra in contatto con il nostro organismo fa aumentare le componenti simili che incontra e fa diminuire quelle diverse, in virtù del fatto che tutto è composto dai cinque elementi e continuamente si interagisce con essi. Prima che qualsiasi cura abbia inizio, bisogna accertare l’eventuale presenza di AMA nel corpo del paziente. Non avrebbe senso infatti iniziare a trattare un dosha per eliminarne l’eccesso se gli srotas attraverso cui eliminarlo sono ostruiti da ama.
E’ opportuna allora una depurazione e si consiglia un digiuno al massimo di due giorni, che consiste nell’astenersi da alimenti solidi e di optare per acqua, succhi, passati di verdura, minestre. Il digiuno permette all’organismo di digerire ama, infatti il nostro fuoco digestivo, AGNI, non essendo impegnato a digerire cibi solidi, si dedica a bruciare ama e ne esce rinfocolato. Si liberano così gli srotas e si elimina l’eccesso di liquidi nei tessuti.
Nel Charaka il digiuno è considerato “la prima e la più importante di tutte le medicine”. Esso, per quanto breve, si pratica a riposo, liberi da impegni lavorativi o di studio. 
top

Determinazione della Prakriti e della Vikriti


Nel macrocosmo Prakriti è l’universo manifestato, la prima creazione. Nel microcosmo Prakriti è la costituzione fisica e mentale di un individuo, e si esprime in termini di dosha dominanti in quel soggetto. Possiamo definirla come la prima reazione fisica e psichica di adattamento all’ambiente, un modello metabolico innato, che deriva dalla memoria ancestrale accumulata dalle cellule durante l’evoluzione. Prakriti, determinata al concepimento, è influenzata da:

  • condizioni psicofisiche dei genitori al concepimento;
  • patrimonio genetico;
  • alimentazione materna durante la gestazione.

Perciò, per sapere qual è la nostra Prakriti, dobbiamo risalire all’infanzia e ricordare comportamenti, reazioni nelle varie situazioni e tratti somatici.
Questa concezione sembra rigida, senza possibilità di cambiamento, in realtà, esprime una valutazione consapevole della propria realtà psicofisica e libera da giudizi. 
Per l’Ayurveda non esistono qualità belle o brutte, esistono le qualità che ci caratterizzano e, una volta comprese, possiamo adattarci all’ambiente nel modo migliore per noi, possiamo prevenire gli squilibri peculiari della nostra Prakriti e imparare a vivere senza sensi di colpa per come siamo.

Vikriti invece è lo stato di salute contingente e variabile dell’individuo, le modificazioni psicofisiche a cui va incontro a causa dell’educazione ricevuta, dello stile di vita, dell’alimentazione. Rappresenta un allontanamento dalla sua vera natura, da quel progetto vitale che lo caratterizza, e si esprime attraverso uno squilibrio dei dosha. Viene proposto un test contenente una serie di domande che indagano sui tratti somatici, sulla qualità delle funzioni biologiche e sull’attività fisica e mentale del paziente. Le risposte sono classificate in Vata, Pitta o Kapha, a seconda della tipologia con cui si identificano.
Quando si è indecisi su una risposta o si pensa di avere tratti ambivalenti, soprattutto riguardo agli aspetti del comportamento, optare per Vata, il dosha che ha in sé l’irregolarità. Le caratteristiche più affidabili sono quelle fisiche. Al termine si sommano le risposte per ogni dosha.
Può esserci un dosha chiaramente dominante, con uno secondario e il terzo trascurabile =personalità monodoshica; in molti casi invece, le persone non possiedono una personalità univoca e tra due dosha non è facile scoprire quale sia quello dominante = personalità bidoshica; infine può esserci una situazione di quasi equivalenza tra i tre dosha, che indica una personalità assai complessa e stratificata = personalità tridoshica
L’idea di biotipo non consiste nell’intrappolare un soggetto in uno stereotipo. Prakriti fornisce informazioni su tendenze metaboliche profondamente radicate allo scopo di intervenire per riequilibrarle.
top

Descrizione dei Dosha: Vata-Pitta e Kapha


VATA
Generalmente il tipo Vata è di corporatura esile; aumenta di peso con difficoltà, eccetto quando viene colto da un raptus di sovralimentazione per guadagnare stabilità o ulteriore energia. Il corpo ha di solito spalle e fianchi stretti, le articolazioni crocchiano. La cute, fresca o fredda al tatto, si screpola facilmente ed è predisposta a calli e duroni. I capelli sono tendenzialmente ruvidi, secchi e ricci.
Il soggetto soffre il freddo, e spesso lamenta una cattiva circolazione periferica. Suda poco e ama starsene al sole.
L’appetito è irregolare e le abitudini alimentari disordinate peggiorano le non eccellenti capacità digestive. La paura e l’ansia, generate dallo stress a cui sono sottoposte le cellule a causa del nutrimento irregolare che ricevono, sono i principali sentimenti negativi che lo caratterizzano, e che spesso si manifestano quando saltano qualche pasto. In genere soffre o ha sofferto di stipsi cronica a causa della natura astringente del fattore Vata. Ama le pietanze calde, oleose e brodose, ma tende sempre ad alimentarsi in modo estremo, privilegiando piatti pesanti e difficili da digerire, oppure vi rinuncia del tutto.
E’ incline a rapide fluttuazioni del livello di energia, che in lui si manifesta in modo erratico; spesso ricorre a stimolanti dal sapore piccante come il caffè, invece di riposare. Per brevi periodi può sostenere un ritmo di attività frenetico, ma inevitabilmente si esaurisce e se ne rende conto solo quando la stanchezza non lo obbliga a riposare. Il sonno è spesso un problema: sia che abbia difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentato, di solito elude l’insonnia e quando si concede un po’ di riposo si addormenta come un sasso.
E’ più sensibile al dolore e ai rumori rispetto agli altri biotipi.
Adora i massaggi con oli essenziali, che lo aiutano ad acquietare l’iperattività del sistema nervoso.
Vive una vita irregolare perché ha molta difficoltà a crearsi e ad osservare delle abitudini. Apprende e dimentica prontamente, si entusiasma subito e perde entusiasmo con altrettanta facilità. E’ indeciso.
La mutevolezza è il fattore che caratterizza Vata.

PITTA
Gli individui Pitta si contraddistinguono per l’ordine, la precisione e l’efficienza fisica e mentale. L’altezza, il peso e la resistenza sono di solito nella media.
Di norma la pelle è tiepida e morbida, spesso costellata di verruche, lentiggini, foruncoli. Si arrossa rapidamente al sole, dopo uno sforzo fisico o in seguito ad una forte emozione ed è soggetta ad irritazioni, alle rughe e alle scottature solari. Sudano facilmente per il calore che accumulano. Generalmente infatti odiano il caldo, preferiscono i climi freschi e i cibi rinfrescanti.
I capelli sono tendenzialmente dritti e chiari, mostrano una tendenza alla canizie precoce e alla perdita di capelli. Sono persone forti e determinate che tendono ad imporre, spesso senza rendersene conto, il proprio volere agli altri. Amano mangiare ed essendo facilmente irritabili non sopportano la fame. Il cibo e le bevande riducono l’intensità del fuoco che li domina. Non hanno particolari preferenze alimentari e di solito digeriscono bene. Le feci sono lente, raramente i Pitta soffrono di stipsi.
Amano la competizione, non tollerano di essere contraddetti ed in genere si mostrano impazienti nei confronti di chi è meno svelto ed efficiente di loro. Tendono alla regolarità e al perfezionismo, che può manifestarsi in un atteggiamento ipercritico verso se stessi e gli altri. Sono determinati a riuscire nel loro intento.
Cercano di dormire a sufficienza perché sanno che è saggio farlo, ma se ossessionati dal lavoro, passano notti in bianco.
Quando è ben disciplinato, il loro naturale calore genera coraggio, in caso contrario si traduce in rabbia, soprattutto quando sono affamati. Ed è proprio il calore, fisico e mentale, la causa principale della maggior parte delle malattie che li colpiscono.

KAPHA
Il tipo Kapha è in genere solido, massiccio; un atleta naturale quando si allena correttamente, mentre è propenso ad ingrassare (anche solo guardando il cibo) se trascura l’esercizio fisico e dimagrisce con difficoltà. Possiede tessuti sodi, sani e ben nutriti.
Detesta il freddo umido e soffre spesso di congestione dei seni e di altre parti del corpo. Tuttavia è quasi sempre in buona salute.
Non è il tipo che avverte l’intensa fame fisica che colpisce Vata o Pitta, a causa della forte dolcezza che caratterizza la sua natura, può saltare i pasti senza accusare problemi fisici; tuttavia può attaccarsi al cibo come fonte di soddisfazione emotiva perché al di sotto della sua apparenza calma e placida, è un individuo emotivo, in molti casi introverso.
Mangia, cammina e parla lentamente, la digestione è lenta.
Il sonno è profondo e spesso prolungato, la mattina fa fatica a rimettersi in moto.
Il tipo Kapha di solito non avverte il bisogno di eccitazione e stimolazione, anche sessuale, che colpisce i soggetti Vata e Pitta. Una volta stimolato, tuttavia, i suoi appetiti si risvegliano.
Il soggetto è stabile, in un certo senso lento, e portato a compiacersi. Trae piacere dall’accumulare ricchezza. Ama la vita tranquilla e rilassante. L’attaccamento ad uno status quo piacevole e regolare può renderlo avverso ai cambiamenti e indurlo all’avidità, all’ostinazione, alla mentalità reazionaria. 
Non ha un apprendimento rapido, ma ha memoria da elefante.
top

Alimentazione Ayurvedica


L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale per il trattamento dei dosha, dato che quando ci nutriamo assimiliamo i rasa di vegetali e animali, che formeranno il nostro rasa. L’uomo è ciò che mangia.
Il concetto di sana alimentazione basato sul calcolo delle calorie, dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine appartiene solo alla medicina occidentale e rischia di diventare controproducente per due motivi:

  • nel caso occorra seguire una dieta dimagrante o per altri motivi di salute, unapreparazione dei cibi stile ” laboratorio di chimica” e le continue privazione generano un senso di punizione e frustrazione. E’ il modo migliore per far diventare il paziente un perfetto sabotatore!
  • vengono consigliati alimenti che, in base alle loro qualità, potrebbero contrastare con i nostri dosha e paradossalmente avere effetti opposti a quelli desiderati, secondo la legge della similitudine e della differenza.


L’Ayurveda è stata geniale nel capire che ciò che ci nutre del cibo è l’informazione che esso porta nell’organismo, mediante il linguaggio dei sapori. Il sapore di un alimento dipende dalle caratteristiche dell’ambiente in cui si forma il suo rasa. Il rasa rappresenta la realtà in cui quell’animale o quel vegetale vive. Esistono diverse classificazioni dei sapori nell’Ayurveda, ma la più comune è quella detta dei sei gusti

DOLCE: presente soprattutto nelle sostanze in cui predominano terra e acqua, si tratta di un gusto freddo, untuoso e pesante; incrementa la presenza di Kapha nell’organismo, mentre riduce le Pitta e Vata.
ACIDO: sono acide le sostanze costituite prevalentemente da terra e fuoco. Gusto contraddistinto da calore, untuosità e leggerezza, esalta Kapha e Pitta, mentre riduce Vata.
SALATO: composto di acqua e fuoco, questo gusto è caldo, untuoso e pesante, aumenta Kapha e Pitta e diminuisce Vata.
PICCANTE: composto di aria ed fuoco, è un gusto caldo, secco e leggero, accresce Vata e Pitta, diminuisce Kapha.
AMAROaria ed etere rendono questo gusto freddo, secco e leggero, che incrementa Vata e decrementa Pitta e Kapha.
ASTRINGENTE: prevalgono aria e terra, rendendo questo gusto freddo, secco e pesante. Induce un aumento di Vata ed una diminuzione di Pitta e Kapha.

I sapori dei cibi e delle bevande che assumiamo, con lo stesso principio dei dosha, modificano i nostri sentimenti e le nostre emozioni, producendo nel nostro rasa i sapori corrispondenti a livello emozionale. Non a caso il termine rasa si traduce anche come sapore ed emozione.

dolce => soddisfazione
acido => invidia
salato => avidità
amaro => dolore e frustrazione
piccante => rabbia
astringente => paura

Il sapore che istintivamente cerchiamo nei cibi è quello di cui siamo più carenti, è però la scelta degli alimenti che spesso non è consapevole.

La ragione è che non siamo più abituati ad analizzare il sapore naturale dei cibi, in gran parte infatti si tratta di sapori acquisiti per l’aggiunta di sale, zucchero raffinato e spezie piccanti. Quindi le nostre emozioni ci condizionano a consumare soltanto alcuni alimenti che marcatamente e artificialmente hanno il sapore che cerchiamo, mentre il nostro corpo desidera qualunque cibo che porti quell’informazione di sapore, ma che contenga anche altre qualità adatte a preservare l’equilibrio dei dosha.
Fondamentalmente l’Ayurveda non vieta nulla di principio, a meno che non vi siano situazioni gravi da curare, ma ha come criterio base quello di prevenire i possibili effetti collaterali degli alimenti attraverso opportuni accorgimenti.
In generale, gli alimenti crudi sono più pesanti di quelli cotti. Il latte è considerato un alimento pesante da digerire, me se scaldato con spezie come lo zafferano, diventa più leggero. Il riso è un alimento leggero, ma se cotto nel latte si appesantisce. I legumi possono provocare aria nello stomaco, che è un’alterazione della forza Vata, ma aggiungendo della curcuma all’acqua di cottura e terminando la preparazione con olio, zenzero o aglio, si prevengono questi effetti.
Senza escludere a priori alcun alimento, ci sono comunque delle regole di base per una corretta alimentazione.

  • I cibi devono essere “vivi” per infondere vita a chi li mangia. Vanno evitati gli alimenti troppo cotti, troppo crudi, bruciati, di sapore cattivo, acerbi o troppo maturi, putrefatti, stantii o per altre ragioni disgustosi.
  • Il consumo associato di alcuni alimenti può squilibrare i dosha: è opportuno non mescolare cibi crudi e cotti nello stesso pasto, eccetto che per piccole quantità; non mescolare pietanze fresche e avanzate; non eccedere nell’associazione di cibi della stessa qualità, per esempio alcool, yogurt e miele hanno proprietà riscaldanti, non vanno consumati in combinazione con altre sostanze calde.
  • E’ consigliabile mangiare alimenti con qualità antitetiche rispetto al clima e alla stagione in corso.
  • Mangiare cibi caldi per stimolare la digestione.
  • Mangiare cibi oleosi che attizzano il fuoco digestivo e nutrono l’organismo.
  • Mangiare in un posto tranquillo e congeniale, con una tovaglia pulita, da soli o in compagnia di persone affettuose per non deprimersi.
  • Non mangiare in fretta, né troppo lentamente, in modo da apprezzare tutte le caratteristiche degli alimenti.
  • Non mangiare se non si ha fame e non digiunare quando si è affamati. Astenersi dal cibo quando si è adirati, depressi, turbati o immediatamente dopo aver svolto attività fisica.
  • Distanziare il più possibile i pasti.
  • Mangiare in posizione seduta.
  • Nutrire tutti i cinque sensi: osservare il cibo e apprezzarne l’aspetto e l’aroma, ascoltare i suoni che produce, soprattutto mentre cuoce, sentirne la consistenza, masticare ripetutamente.
  • Compiere una breve passeggiata per favorire il processo digestivo, ma non dormire ed astenersi da qualsiasi attività fisica, sessuale o intellettiva per almeno un’ora. E’ possibile rilassarsi sdraiandosi sul fianco sinistro, per stimolare il funzionamento della narice destra, che riscalda.
  • Evitare di mangiare alimenti pesanti e che generino energia Kapha dopo il tramonto, come yogurt e sesamo, e di sera, astenersi dal cibo nelle due ore che precedono il sonno.
  • Non sprecare mai il cibo.

Molte persone vedono nel cibo una droga, un aiuto, un surrogato all’amore. I digiuni saltuari sono terapeutici non solo perché permettono all’apparato digerente di riposarsi e di bruciare ama, ma anche perché ci aiutano a tenere sotto controllo la nostra dipendenza dal cibo.
Infatti, se assumiamo regolarmente una certa sostanza, il nostro organismo si adatta ai suoi effetti negativi avvertendoli in forma meno acuta, in altre parole, essi non scompaiono, anzi si accumulano nell’organismo. Quando si manifesteranno però lo faranno in forma violenta. Alcool, tabacco e lo stesso cibo sono esempi di queste sostanze. Dato che la nostra assuefazione al cibo è fisiologica per poter vivere, è bene “assuefarsi” soltanto alle sostanze sane.

Esempi di cibi per ognuno dei sei sapori.

DOLCE
Cereali: la maggior parte, come frumento, riso, orzo, granoturco ecc…
Legumi: fagioli, piselli, ceci, lenticchie, dhal
Latte e latticini: burro scuro di bufala, crema
Carne: pesci di fiume
Frutta: noci di cocco, datteri, fichi, uva, pere, manghi, frutta secca, limone
Verdura cotta: patate, patate dolci, carote, radici di barbabietola (cavolfiore e fagiolini in minima parte)
Zucchero: grezzo, raffinato, marrone, bianco, melassa, succo di canna da zucchero

ACIDO
Frutti: (limone) lime, arancio, ananas, frutto della passione, ciliegia, susina, tamarindo ecc…
Latticini: yogurt, formaggio, siero, panna acida
Sostanze fermentate (a parte i prodotti derivati dal latte) come vino, aceto, salsa di soia, cavolo acerbo

SALATO
Ogni genere di sale come salgemma, sale marino, sale da macinare.
Ogni cibo al quale sia stato aggiunto sale (sottaceti, dadi, patatinefritte, cibi precotti, ecc…)
Carne: pesci di mare e bestiame che pascola erba bagnata dall’acqua di mare ( es. in Normandia)

PICCANTE
Spezie come peperoncino, pepe nero, semi di mostarda, zenzero, cumino, chiodi di garofano, cardamomo, aglio ecc… Anche spezie “leggere” come curcuma, anice, cannella ed erbette come origano, timo, menta ecc…

ASTRINGENTE
Curcuma, miele, noci, nocciole.
Legumi: fagioli, lenticchie, piselli, dhal
Verdure: cavolini, lattuga ed altri ortaggi a foglia verde; la maggior parte della verdura cruda, rabarbaro
Frutta: melograno, bacche, anacardi e la maggior parte dei frutti acerbi

Esempi di cibi per ogni qualità

Pesante: formaggio, yogurt, prodotti del grano, arancia, dattero, fico
Leggero: orzo, mais, riso, miele, spinaci, legumi
Oleoso: prodotti caseari, cibi grassi, olii, grano
Secco: orzo, mais, patate, fagioli, granoturco
Caldo: cibo e bevande calde, granoturco, aglio, cipolla
Freddo: cibo e bevande fredde, orzo, carne, mela, cocco

Sapori e qualità che diminuiscono VATA: dolce, acido, salato, pesante, oleoso, caldo.
Sapori e qualità che aumentano VATA: piccante, amaro, astringente, leggero, secco, freddo.
Sapori e qualità che diminuiscono PITTA: dolce, amaro, astringente, pesante, oleoso, freddo. 
Sapori e qualità che aumentano PITTA: piccante, acido, salato, leggero, secco, caldo. 
Sapori e qualità che diminuiscono KAPHA: piccante, amaro, astringente, leggero, secco caldo.
Sapori e qualità che aumentano KAPHA: dolce, acido, salato, pesante, oleoso, freddo .
top

Aromaterapia Secondo l’Ayurveda


L’aromaterapia sfrutta l’azione di olii essenziali aromatici sciolti in acqua calda e lasciati diffondere nell’atmosfera per riequilibrare i dosha.
Vata è riequilibrato da aromi caldi, dolci e acidi come l’arancio, il basilico, i chiodi di garofano.
Pitta è riequilibrato da aromi dolci e freddi come la rosa, il sandalo, il gelsomino, la menta e la cannella.
Kapha è riequilibrato da aromi caldi e speziati come il ginepro, la canfora, l’eucalipto.
Gli olii essenziali possono anche essere aggiunti all’olio da massaggio per un trattamento più diretto al problema del paziente. In realtà, l’uso degli olii essenziali per il massaggio appartiene alla tradizione erboristica occidentale, ma non altera assolutamente i principi dell’Ayurveda. Essa infatti raccomanda di “curarsi con le erbe del proprio giardino”, poiché la natura offre in ogni situazione i principi attivi più adatti a che vive in quel luogo.
Naturalmente la scelta dell’olio essenziale va fatta in base alla tipologia del paziente e al suo eventuale squilibrio. Per chi invece preferisce usare gli olii da massaggio puri, l’alternativa è diffondere nell’ambiente l’essenza prescelta. 

Le essenze

Salvia sclarea: decongestionante dell’apparato circolatorio.
Proprietà: tonica, stimolante, antidepressiva, antisettica, antisudorale, depurativa, diuretica, astringente, digestive, estrogenizzante, afrodisiaca. Riequilibrante dei Tridosha, ottimo per Vata e Kapha. Non usare in gravidanza. Basilico: stimolante e rinfrescante. Proprietà: tonico nervoso, stimolante delle surrenali, digestivo, antisettico, stimola il mestruo. Ottimo per Pitta.
Limone: rinfrescante ed eccitante. Proprietà: stimolante, depurativo, diuretico, astringente, ipotensivo, fluidifica il sangue, stimola il sistema immunitario. E’ collegato al Sole (timo, aria). Non usare in periodi di esposizione al sole, verificare la tollerabilità sulla pelle. Ottimo per Vata.
Eucalipto: schiarisce la mente e tonifica. Proprietà: stimolante, balsamico, anticatarrale, fluidificante, antisettico per le vie respiratorie e urinarie, antireumatico. Non usare sui bambini. E’ collegato a saturno (epifisi, etere). Buono per Kapha.
Timo: ravviva la mente , antisettico. Proprietà: stimolante, ipertensivo, tonico, balsamico, anticatarrale, diuretico, astringente, attiva le difese immunitarie, afrodisiaco, antireumatico. Buono per Pitta. Testare sulla pelle. Scegliere la qualità bianca (bidistallata).
Menta: refrigerante e rinfrescante. Proprietà: digestiva, epatica, astringente, cefalica, antinfiammatoria, analgesica, espettorante, tonica del sistema nervoso, depura il sangue. Ottima per Pitta. Utilizzare in piccole dosi.
Lavanda: rinfrescante, rilassante, curativa in generale.
Proprietà: antidepressiva, antireumatica, antiemicrania, calmante, diuretica, antitossica, regolatrice del sistema nervoso. Ottima per i tre dosha.
Rosmarino: corroborante e rinfrescante. Proprietà: stimolante generale, energizzante, tonico, antireumatico, antidolorifico, digestivo, epatico, antidiarroico, astringente, afrodisiaco. Per tutti i dosha.
Geranio: rilassante e rinfrescante. Proprietà: tonico della corteccia surrenale, antidepressivo, astringente, antinfiammatorio, decongestionante. Buono per Pitta.
Ginepro: rinfrescante, stimolante e rilassante. Proprietà: depurativo, diuretico, astringente, drenante, tonico, antireumatico, espettorante, digestivo. Buono per Kapha. Evitare in gravidanza e in caso di malattie renali.
Issopo: decongestionante delle vie respiratorie. Proprietà: tonico del cuore e del respiro, digestivo, antireumatico, espettorante. Buono per Kapha. Non usare in gravidanza e in caso di epilessia.
Origano: scaldante e ricostituente. Proprietà: calmante, antidepressivo, antalgico, ipotensivo. Buono per Vata.
Finocchio: carminativo. Proprietà: depurativo, diuretico, lassativo, tonico, digestivo. Buono per Kapha. Da evitare nei bambini, negli epilettici, in gravidanza.
Melissa: tonico e protettivo del sistema nervoso. Proprietà: antidepressiva, sedativa, digestiva. Ottima per Pitta, buona per Vata.
Camomilla: calmante. Proprietà: antinfiammatoria, sedativa, antiallergica, antidepressiva, epatica, digestiva, stimola il sistema immunitario. Ottima per Pitta.
Cipresso: rilassante e rinfrescante. Proprietà: astringente, vasocostrittore, diuretico, antireumatico, epatico, riequilibratore. Ottimo per Vata, buono per Pitta e Kapha.
Pino: medio rinfrescante e antisettico. Proprietà: stimolante, balsamico, espettorante, antireumatico, antinevralgico, stimola il corticosurrene. Buono per Kapha.
Rosa: rilassante e lenitivo. Proprietà: antinfiammatoria, antidepressiva, tonica per l’apparato circolatorio, depurativa, lassativa, epatica, digestiva, leggermente sedativa, afrodisiaca. Ottima per Vata.
Neroli (fiori d’arancio): molto rilassante. Proprietà: antidepressivo, depurativo, digestivo, tonico cardiaco e respiratorio, afrodisiaco. Ottimo per Vata.
Gelsomino: rilassante e lenitivo. Proprietà: antidepressivo, sedativo, afrodisiaco. Ottimo per Vata e Pitta.
Cedro: riscaldante e riequilibrante. Proprietà: stimola la circolazione e i tessuti, seda il sistema nervoso, astringente, diuretico, afrodisiaco. Buono Vata e per Kapha. Non usare in gravidanza.
Maggiorana: riscaldante e riequilibrante. Proprietà: tonica, sedativa, ipotensiva, antitossica, lassativa, digestiva, analgesica, antireumatica, espettorante, afrodisiaca. 

Oltre a questi, vi sono moltissime essenze esotiche, spesso estremamente utili in aromaterapia. Le più usate sono sandalo, incenso, patchouli, mirra, ylang-ylang, tea-tree, noce moscata, cannella, canfora, pepe nero, zenzero, vetiver. 
Finché è possibile usare comunque essenze mediterranee.
top

Minerali e metalli in Ayurveda


L’Ayurveda utilizza i minerali fin da quando il Tantra iniziò le proprie ricerche sull’alchimia. Ciascun minerale, come ogni erba e ogni alimento, possiede una propria personalità determinata da un preciso sapore. 

ORO: dolce, caldo, è la migliore medicina per Vata. E’ la solidificazione dei raggi solari; indossarlo purifica tutte le energie in entrata nell’organismo. L’oro migliora la carnagione, lo stato delle articolazioni, è un antidoto valido per ogni tipo di veleno, ama compreso. I sali d’oro impiegati oggi in medicina per la cura dell’artite controllano Vata, ma sono solubili in ioni reattivi che provocano effetti collaterali. ARGENTO: acido e freddo, l’acidità migliora la digestione, la freddezza tiene sotto controllo Pitta. RAME: piccante e caldo, controlla Kapha e consente di espellere ama. FERRO: astringente, nutre il sangue e impedisce al flusso ematico di diventare troppo caldo o troppo fluido. MERCURIO: anche dopo la purificazione resta troppo potente per essere usato in forma metallica. Il metodo più comune consiste nel farlo reagire con lo zolfo per ottenere solfuro nero di mercurio, del tutto insolubile in acqua e acidi deboli. Lo zolfo ha una grande affinità coi metalli pesanti, ecco perché è usato nella prevenzione da avvelenamento da mercurio elementare. Non c’è malattia che il mercurio non possa guarire, purchè preparato alchemicamente. Gli effetti collaterali del mercurio derivano dalle impurità, dovute all’insufficiente eliminazione di metalli pesanti residui. 

L’alchimia Ayurvedica prepara minerali e metalli eliminando ogni effetto tossico per l’organismo. Essi vengono integralmente purificati, poi vi si applicano paste a base di erbe medicinali, e li si sottopone ad incenerimento. Questi preparati si chiamano Bhasma.
La maggior parte dei minerali, ad eccezione dell’oro e dell’argento, si trasforma in ossidi e solfuri, totalmente insolubili in acqua e quindi nei fluidi organici. Le particelle ottenute, non reattive, sembrano anzi avere una azione catalitica sul metabolismo.
Per quanto riguarda oro e argento, l’incinerazione li trasforma comunque in particelle minuscole non reattive. Il processo dell’incenerazione è ripetuto più volte, per ottenere frammenti sempre più piccoli, quando questi sono abbastanza minuscoli da riempire le sottilissime venature dei polpastrelli, possono circolare nell’organismo ed esercitare il loro duraturo effetto.
Per la maggior parte dei minerali sono richieste 5, 7 o 11 incinerazioni, mentre il massimo potere terapeutico della mica si ottiene dopo 100 o anche 1000 incinerazioni. Non avendo limiti di tempo, con piante officinali adatte e sterco di mucca da bruciare, gli yogi potevano dedicare gli otto anni necessari ad incenerire la mica per 1000 volte!!!
I Bhasma vengono lavorati con miele, burro ghee e si somministrano per via sublinguale. Rispetto ai preparati fitoterapici hanno dei vantaggi:

  • servono dosi di gran lunga inferiori;
  • non hanno un sapore sgradevole;
  • agiscono più in fretta e l’effetto dura più a lungo.

E’ importante la serietà del fornitore e la competenza di chi li prescrive, perché anche Bhasma correttamente preparati sono pericolosi se se ne fa un uso improprio.
Essendo i Bhasma ancora piuttosto irreperibili, alcuni metalli possono essere utilizzati in forma pura. I braccialetti di rame sono indicati contro i reumatismi, perché il rame favorisce l’espulsione di ama. Sono adatti solo per V e K, perché il rame è troppo caldo per P, se infatti lascia sulla pelle una scoloritura verdastra vuol dire che l’organismo è già abbastanza caldo e acido.
top

Erbe Ayurvediche


La farmacia Ayurvedica utilizza numerosi metodi di preparazione che sfruttano in modo diverso le proprietà delle erbe medicinali e donano longevità.
Alcuni metodi sono noti anche in occidente, come l’infuso, il decotto, la polvere, la pasta (pomata), gli olii, gli unguenti. Altri metodi sono propriamente Ayurvedici, come le marmellate, le gelatine, i vini medicati, i preparati resinosi. Alcune preparazioni speciali impiegano, oltre alle piante, anche minerali, metalli, ceneri, sali, alcoli e zuccheri. 

Erbe ayurvediche:
Ogni erba è un insieme di vibrazioni che ha la specifica funzione di incontrare una vibrazione del corpo quantico meccanico e di un organo in particolare. Tale principio è definito di complementarietà e implica che la natura pensa nello stesso modo.
Pertanto non solo la natura usa gli stessi materiali per produrre piante, minerali, mantra o corpi umani , ma alla base vi sono le vibrazioni sottili che tengono insieme le molecole stesse e che secondo i saggi vedici sono il vero cemento della natura, quindi non è solo una questione di molecole simili.
Per come vengono usate nell’Ayurveda, le erbe non hanno sul corpo lo stesso effetto delle medicine occidentali. I farmaci uccidono il dolore, rilassano i muscoli o rimpiazzano gli ormoni o l’insulina mancanti ,mentre le erbe sono più dolci, ed hanno effetti più generali, parlano ai dosha e influenzano direttamente il flusso dell’intelligenza interiore.
Sono migliaia le erbe medicinali e fanno parte della routine terapeutica per la medicina Ayurvedica. Sono classificate in base al gusto (rasa) che si applicano al cibo. Un approccio sicuro per il loro utilizzo è costituito dall’associazione proprio con il cibo. 
L’Ayurveda inoltre si occupa della qualità delle piante e dell’azione che esse esplicano sull’organismo una volta ingerite. Per tale ragione la loro classificazione sistematica è meno importante rispetto alla loro suddivisione per categoria di qualità. 
Nella loro azione sono però potenti e specifiche e per trattare le malattie si usano erbe più forti, che devono essere usate sotto il controllo medico, rispetto a quelle utilizzate nell’alimentazione per il semplice mantenimento o ripristino dell’equilibrio dei dosha. 
I rimedi ayurvedici a base di erbe devono essere ottenuti dalla pianta intera in linea di massima, lavorata in ogni sua parte in base al concetto che il principio attivo non va separato da altre componenti della pianta, utili a controbilanciarne gli eventuali effetti indesiderati.
Collegandovi ad Olos avrete a disposizione le schede monografiche contenenti indicazioni, studi, uso, parti usate, dosha riequlibrati ecc… di oltre 60 erbe ayurvediche e le 650 possibilità terapeutiche che esse esplicano. www.olosonline.it

Polveri (Chukra)
Le polveri tradizionalmente si preparavano nel mortaio e venivano poi filtrate con una tela di lino. Oggi si ottengono con apposite apparecchiature. Si preferisce usare le polveri in quei preparati Ayurvedici costituiti da molti ingredienti (venti o più). Il vantaggio delle polveri è che in questo modo si possono ridurre i dosaggi giornalieri. 
Si assumono insieme a sostanze veicolanti che ne facilitano la somministrazione, come miele, burro ghee, zucchero grezzo o in capsule quando sono molto amare.
Olii medicati
Si ottengono trattando le piante medicinali con vari olii. Il più usato è l’olio di sesamo. Sono utilizzati soprattutto per massaggi, clisteri, irrigazioni vaginali, inalazioni e raramente sono somministrati per via orale. 
Ghee medicato
E’ il burro chiarificato tipico della tradizione Ayurvedica. E’ un ottimo veicolo per l’assorbimento delle sostanze medicinali, permette anche il passaggio delle sostanze attraverso la barriera emato-encefalica. Si usa anche come alimento e, a differenza degli altri olii e grassi, non sovraccarica il fegato, ma anzi lo rinforza. 
Preparati resinosi
Il più conosciuto è il Guggulu, resina ricavata da un albero simile alla mirra, con cui si preparano delle pillole usate soprattutto per disturbi nervosi e nelle diete dimagranti.
Marmellate medicate (Prash)
Hanno un’azione tonica e ringiovanente. Si preparano con zucchero grezzo o miele. Sono preparazioni particolari, da riservare all’ambito medico.
I Rasayana
Il termine sanscrito Rasayana significa letteralmente “ciò che sostiene la vita”. I preparati Rasayana hanno un’azione ampia e complessa, sono usati sia come preventivi che come curativi. Sono composti molto elaborati e possono contenere fino a 50 o più ingredienti. L’uso dei Rasayana risale all’antichità, le loro formulazioni sono giunte a noi pressoché invariate, tramandate di generazione in generazione. 
Mediante l’uso dei Rasayana è possibile ottenere la longevità, memoria, intelligenza, immunità dalle malattie giovinezza, forza fisica e successo.

Formule della tradizione Ayurvedica
TRIKATU (Gingiber officinalis, Piper longum, Piper nigrum)
Preparazione che genera calore, stimola agni, quindi la digestione, il metabolismo, in particolare quello dei grassi. Coadiuvante nelle malattie respiratorie, coadiuvante nell’obesità, nell’ipotiroidismo e nella depressione. Riequilibra Kapha ed elimina ama (tossine). Uso: 1 grammo al giorno.
TRIMADA (Plumbago zeylanica, Cyperus rotundus, Embolia ribes)
Agisce selettivamente sui grassi accumulati, in particolare a livello dell’intestino. Ha un effetto antispasmodico, antielmintico, può essere usato nell’ipercolesterolemia. Per smaltire i grassi si associa alla Commiphora mokul e alla Triphala. Uso : 1 grammo al giorno.
TRIPHALA ( Emblica officinalis, Terminalia bellerica, Terminalia chebula)
Rasayana indicato per l’ipercolesterolemia. Depurativo, drenante, antielmintico, combatte le afte, disturbi visivi. Uso: 1-2 grammi al giorno.
CHYAWANPRASH (Rasayana classico)
La preparazione è una delle formulazioni più celebri tra quelle descritte dai testi classici. Promuove la vitalità del corpo e della mente.
Può risultare utile in tutte quelle condizioni in cui vanno potenziate le normali funzioni fisiologiche dell’organismo. Contribuisce ad un maggiore benessere del sistema cardiocircolatorio e riproduttivo, nonché dei fegato, stomaco e polmoni. Concorre a neutralizzare i radicali liberi in eccesso. Adatto per tossi croniche, asma, acidità, disturbi urinari, anemia. Stimola gli organi vitali. Contrasta l’inappetenza e l’astenia nell’anziano. Aumenta la memoria. E’ una risorsa naturale di vitamina C. ottimo come tonico in gravidanza, post-parto e allattamento. Abbassa Kapha. Uso: 20 grammi di marmellata d’erbe al giorno.
BRAHMA RASAYANA
Previene i danni ossidativi. Aiuta in caso di arterosclerosi, riduce i problemi cardiovascolari. Antinvecchiamento, contrasta gli effetti della radioterapia e radiazioni in genere. Previene i radicali liberi e protegge dal cancro e da altri disturbi degenerativi. Complemento naturale per aumentare le difese immunitarie, il vigore, la vitalità e aiuta a contrastare disturbi quali tosse, raffreddori, tubercoli, asma. Anche questa preparazione è una delle formulazioni più celebri della tradizione Ayurvedica. Promuove la vitalità di corpo e mente.
Può risultare utile in tutte quelle condizioni in cui vanno potenziate le normali funzioni fisiologiche dell’organismo. Agisce favorevolmente sulla funzionalità del sistema nervoso. Uso: 20 g di marmellata al giorno.
COMMIPHORA MOKUL (Guggulu)
Riduce il livello di colesterolo e trigliceridi, combatte l’obesità. Inoltre può essere usata in associazione con Triphala, per un’azione equilibrata su tutto il metabolismo. Riduce Kapha e Vata.
CURCUMA LONGA (Haridra)
Ha l’effetto di rafforzare il metabolismo, correggendo tanto gli eccessi quanto le carenze, e favorisce l’assimilazione delle proteine, rafforza la digestione e , al tempo stesso, migliora la flora intestinale.
top

Cromoterapia e pietre preziose


Le pietre e i cristalli sono un valido mezzo per la cromoterapia, in quanto possono essere definite come “colore imprigionato e solidificato”.
L’alchimia tantrica le sottopone ad un processo di purificazione prima di usarle a scopo farmacologico, per ridurle in polvere e somministrarle come soluzioni acquose o alcoliche. Se non è possibile procurarsi questi preparati, la soluzione è portare con noi la pietra più adatta alla nostra Prakriti, o per eliminare un eventuale squilibrio.
Molte pietre indipendentemente dal loro colore hanno un’azione benefica su tutti e tre i dosha, probabilmente perché alle proprietà cromatiche in sé si aggiungono gli effetti esercitati dall’ambiente in cui sono nate e dalla loro storia, ossia il loro rasa.
Il rubino è molto caldo, abbassa essenzialmente VATA, ma equilibra tutti i dosha, a meno che PITTA non sia già alto. Infonde coraggio, tonifica i nervi e il cuore.
Il topazio giallo è indicato soprattutto per alleviare VATA e KAPHA, ma non infastidisce PITTA.
Lo zaffiro equilibra tutti e tre i dosha, così come lo smeraldo, che inoltre rafforza il sistema immunitario.
Il lapislazzuli è raffreddante, favorisce la digestione e il nutrimento dei tessuti, rinvigorisce il sistema immunitario.
Il turchese ha proprietà antitossiche per tutti i dosha.
L’ametista è benefica per VATA e PITTA, calma i nervi e le emozioni.
Il quarzo è raffreddante e viene prescritto in presenza di emorragie, febbri croniche, sensazioni di bruciore, anemia, ittero, asma e debolezza.
Le due gemme più usate dall’Ayurveda sono la perla e il corallo. In genere vengono frantumati, lucidati in acqua di rosa e fatti asciugare ai raggi della luna. Questo procedimento potenzia l’azione profondamente raffreddante di queste sostanze.
La perla svolge un’azione antiacida, nervina e sedativa. Calma l’asma, la tosse, consunzione, emorragie, ulcera peptica, affezioni epatiche e biliari, herpes e un gran numero di patologie di origine Pitta. Fa bene soprattutto ai bambini in crescita e alle donne in gravidanza. Ha come succedanei la madreperla e la pietra di luna. Per il corallo valgono sostanzialmente le stesse indicazioni terapeutiche. Sia la perla che il corallo compensano i tre dosha.
Poiché le pietre preziose di buona qualità spesso sono molto costose, si sfruttano i colori dei nostri oggetti.
ROSSO: è un colore caldo, con un’energia molto forte, agisce soprattutto sul sangue e sulla vitalità. Allevia Vata e Kapha, aggrava Pitta. Data la sua intensità va usato comunque con attenzione e solo nei casi in cui sia necessario un profondo radicamento del soggetto.
ARANCIONE: colore caldo, allevia Vata e Kapha, aggrava Pitta, ha le stesse proprietà del rosso, ma è più tenue,quindi si può usare tranquillamente. E’ il colore della creatività.
GIALLO: è un colore caldo, che di per sé andrebbe usato da Vata e Kapha, ma poiché interessa la digestione e rinfocola agni, anche Pitta ne può beneficiare. 
VERDE: colore rinfrescante, più adatto per Pitta, perché calma i nervi e abbassa la tensione, ma contenendo anche il giallo, può essere usato con moderazione anche dagli altri dosha, magari evitando le tonalità tendenti al blu, che abbassano la pressione sanguigna e l’attività metabolica.
BLU: colore freddo, incrementa Vata e Kapha, allevia Pitta.
ORO: per tutti i dosha, migliora alcune forme di depressione e di psicosi maniacodepressiva, l’emicrania e l’anoressia.
ARGENTO: per tutti i dosha, in particolare Pitta. Ha effetti distensivi sul sistema nervoso. 
top

Massaggio Ayurvedico


Toccare il corpo di una persona elimina non solo le distanze fisiche, ma anche simboliche tra paziente e terapeuta, perché si crea un rapporto “intimo”, di fiducia e di apertura. Il massaggio è la massima espressione del prendersi cura di qualcuno, non è un caso infatti che, quando sentiamo dolore in una parte del corpo, istintivamente vi poggiamo sopra una mano per massaggiarla delicatamente.

I trattamenti manuali sono parte integrante della medicina indiana tradizionale e, tra questi, il massaggio viene proposto ormai anche in Occidente. 

Il massaggio tradizionale Ayurvedico prende il nome di Abyanga, ossia massaggio del corpo con olii. In linea con la filosofia che permea tutte le pratiche mediche Ayurvediche, anche Abyanga ha un aspetto prevalentemente preventivo, in quanto, cicli di trattamenti effettuati soprattutto nei cambi di stagione (primavera e autunno), potenziano le naturali difese dell’organismo. Sono numerosi gli effetti attribuiti al massaggio dai testi di medicina indiana:

  • migliora la circolazione e fa eliminare le tossine;
  • mantiene l’equilibrio elettrochimico del corpo grazie all’assorbimento degli olii;
  • migliora il sonno (testa e piedi);
  • rafforza la pelle e migliora il tono della carnagione;
  • aumenta le difese immunitarie;
  • toglie la fatica, sia fisica che mentale.

Naturalmente questi benefici si provano dopo una serie di trattamenti, ma l’effetto immediato è una sensazione generale di rilassamento, tonicità e leggerezza.

Dato che ogni malattia o disturbo è dovuto all’eccesso di un dosha, prima di praticare un massaggio è necessario valutare sia la Prakriti che la Vikriti del paziente. 

Abyanga è considerato il trattamento anti-Vata per eccellenza, ma è adatto a tutte le tipologie, perché Vata è aria + etere, si localizza nel sistema nervoso, quindi è il primo dosha a squilibrarsi e più o meno tutti abbiamo un leggero eccesso di Vata. 

Il massaggio non tralascia alcuna parte del corpo (fatta eccezione per i genitali) e inizia dai piedi per i pazienti Vata e Kapha, dalla testa per i pazienti Pitta. Gli individui Pitta hanno la tendenza ad osservare tutto, il senso della vista è tipicamente Pitta, essi devono avere tutto sotto controllo, ma ciò ostacola il rilassamento. Partendo dalla testa si toglie la possibilità di osservare e si favorisce subito il rilassamento.
La forma di difesa messa in atto invece dalle persone Vata per non lasciarsi andare consiste nel parlare. Durante Abyanga è vietato parlare, a meno che il paziente non debba comunicare un disagio, o il terapeuta chieda al paziente di girarsi.
Il massaggio di per sé toglie il calore in eccesso, il più dannoso perché acidifica il sangue. Gli individui Pitta quindi proveranno sollievo, mentre i Vata avranno freddo. In ogni caso il corpo del paziente deve essere coperto, eccetto la parte che si sta massaggiando. Al termine è bene offrire al paziente una tisana calda e speziata. Il trattamento si effettua con olii di base (oliva, sesamo, mandorle, cocco…) eventualmente tagliati con olii da taglio (girasole, germe di grano, mais, soia…), tutti rigorosamente provenienti da coltivazioni biologiche e spremuti a freddo. Aggiungendo all’olio da massaggio un olio essenziale e mettendolo in bottiglie colorate esposte al sole per 24/48 ore, si sinergizzano massaggio, aromaterapia e cromoterapia, creando un trattamento davvero su misura per il paziente.

Manualità e accorgimenti specifici
Anti-VATA: massaggio con un olio dolce, riscaldante e caldo (es. olio di sesamo tagliato con 1/3 di olio di germe di grano); poiché vata è per natura freddo e instabile, occorrono manualità che riscaldino e diano direzione e stabilità, come frizioni e sfioramenti. La pressione è più intensa verso l’alto, per aprire i pori, che vata tende ad avere chiusi.
Privilegiare il sistema nervoso (colonna e viso).
Anti-PITTA: pitta è irritabile, quindi va calmato con un massaggio leggero, con un olio a temperatura ambiente e rinfrescante (es. 1/3 sesamo, 1/3 girasole, 1/3 lino o mandorle o ghee). Usare sfioramento e sfregamenti leggeri, manualità rinfrescanti e calmanti. La pressione è leggera e la direzione dei movimenti sul tronco è verso le estremità.
Privilegiare il viso e la testa.
Anti-KAPHA: kapha richiede dinamismo, l’uso di poco olio a temperatura ambiente e riscaldante (es. sesamo e oliva al 50%), per creare più attrito. La pressione è consistente, il ritmo veloce, la direzione dei movimenti sul tronco è verso il centro. Servono manualità tonificanti e riscaldanti, come frizioni e percussioni. Privilegiare mani e piedi.

Consigli per l’operatore

  1. essere in un buono stato di salute psicofisica;
  2. praticare tecniche di respirazione prima, come centratura, e dopo il trattamento, per scaricare;
  3. osservare la respirazione e i movimenti del paziente;
  4. indossare abiti comodi;
  5. evitare profumi troppo forti e togliere gioielli ed occhiali, perché viene schiacciata una nadi che passa per la tempia.



Precauzioni
Se ci sono varici o capillari evidenti, eseguire le manovre delicatamente, ma non eliminarne nessuna.
Non massaggiare un paziente che abbia appena mangiato, in caso di febbre, vomito, dissenteria, nausea.
In caso di osteoporosi, tumori e malattie infettive non c’è pericolo di diffondere l’infezione o di far partire metastasi. Non è infatti l’azione manuale che crea tale rischio, bensì i condizionamenti psicologici e le paure che vengono infuse.
Il massaggio, al contrario, potenzia il sistema immunitario e rinforza l’organismo, consentendo di superare meglio cure e chemioterapie, che mettono a dura prova il corpo.
Abyanga è indicato durante la gravidanza, perché massaggiare l’addome stimola le 72.000 nadi che partono dall’ombelico. Prestare attenzione alla posizione della paziente, che deve essere comoda per sé e per il feto. Si può evitare la posizione prona se crea difficoltà e preferire quella sul fianco. Il massaggio è ottimo anche dopo il parto su schiena, lombi e interno coscia: è la zona di vata tramite cui ci si libera di sangue mestruale, urina, shukra e da cui esce il bimbo. Il parto crea un vuoto, uno scompenso di vata, che si riequilibra con il massaggio.
top